L’imprenditore, testimone nel processo San Michele sulle infiltrazioni mafiose nei cantieri edili in Val Susa, ieri mattina è stato invitato a raccontare la sua storia in commissione Legalità del Comune di Torino.
di Giovanni D’Amelio
Caselle/Torino – Uno sportello antimafia a Palazzo Civico, che consigli cosa fare quando ci si trova in situazioni strane e pericolose, e che dia un valido supporto ai cittadini onesti. Questa è una delle proposte emerse ieri in commissione Legalità del Comune di Torino, durante l’audizione di Mauro Esposito, l’architetto di Caselle finito suo malgrado nel processo San Michele, l’operazione che indaga sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nei cantieri edili del torinese. L’imprenditore, 51 anni, titolare dell’impresa M. E., prima dei fatti con una settantina di dipendenti e commesse di lavoro in Italia e all’estero per circa 12 milioni di euro,. arriva in sala con qualche minuto di ritardo, perché si è attardato in Tribunale, dove si sta svolgendo un altro procedimento a suo carico, quello che lo ha messo in ginocchio economicamente.
La sua vicenda inizia nel 2009 a Rivoli, quando viene chiamato da una finanziaria/banca per svolgere un lavoro di progettazione di alcuni stabili ad uso residenziale e commerciale di cui si occuperà della costruzione il Gruppo Rea Edilizia, che fa capo a Nicola Mirante . Un servizio, il suo, che dovrebbe aggirarsi sul milione di euro, per un’opera che ne vale circa 10 di milioni Ma l’affare dopo poco tempo inizia a diventare “ambiguo”. L’azienda costruttrice, senza il progetto definitivo e senza i permessi a costruire parte con il cantiere, “una specie di bunker quasi inaccessibile” lo definisce Esposito. Le stranezze aumentano e diventano qualcosa di più. La M. E. smette di ricevere i pagamenti da parte della finanziaria, che nel frattempo si è trasformata nell’azienda Edil Rivoli. A luglio 2010 Esposito avanza 400 mila euro di parcelle, chiede spiegazioni che non arrivano. Arriva invece la richiesta di apportare varianti false ai progetti per 2 milioni di euro, “in cambio di una bustarella di 200 mila euro”. Esposito rifiuta e da qui inizia la sua odissea che ad oggi non si è ancora conclusa. Nonostante in questi anni sia successo di tutto: Mirante è stato arrestato nell’operazione Minotauro per associazione mafiosa, Esposito ha denunciato l’Edil Rivoli per ricevere i suoi compensi, ma ha perso la causa, venendo accusato, in base ad una legge del 1937 (abrogata nel 2011) di esercizio abusivo della professione con l’obbligo di restituire gli introiti incassati (quasi 270 mila euro) agli esponenti risultati malavitosi. Il mondo crolla addosso ad Esposito, che, senza lavoro, si trova ad affrontare azioni di pignoramento beni da parte di Equitalia e Innercassa per tasse non pagate.
“Io e la mia famiglia abbiamo ricevuto minacce – spiega – vivendo anni anni da incubo. Un grosso grazie lo devo a persone come il mio amico Paolo Ferro (ex consigliere comunale di Caselle), Pino Masciari, l’imprenditore calabrese che nel 1997 denunciò l’azione della ‘ndrangheta nella sua Regione, i parlamentari Stefano Esposito e Davide Mattiello e l’associazione Libera che mi hanno dato un grosso aiuto. Ma quello che mi chiedo – aggiunge – è perché devo continuare a scontrarmi con alcuni apparati dello Stato, nonostante la mia posizione sia stata chiarita e i responsabili arrestati. Il prossimo 24 novembre – conclude Esposito – sono di nuovo in Tribunale perché il pignoramento dei beni va avanti”.
Al termine della commissione, solidarietà è stata espressa ad Esposito dai consiglieri in aula, tra i quali il Presidente del Consiglio Comunale, Fabio Versaci, che si faranno carico di presentare alla Sindaca Chiara Appendino una lettera con la quale chiedere nel caso specifico agli organi preposti una sospensiva sul pagamento dei tributi da parte dell’imprenditore.